il pranzo di lavoro o dell’inquietitudine


“Vieni a pranzo da me domani?”

“Certo. Solito posto, solita tecnica.”

“Perfetto, ti aspetto. Non fare che ti dimentichi.”

“Non lo farò.”

“A domani…”

“Certo.”

 

domani

 

“…”

“…”

“Come stai?”

“bene. Così. Tu come stai?”

“a parte bene… mh… .Grazie.”

“ah. Ho capito.”

“…”

“Come è andata a lavoro?”

“Bene. Uguale. E tu?”

“Uguale. Passo il mio tempo a compilare schede inutili. Chissà se poi mai qualcuno le integrerà, o le studierà… o le caricherà…”

“Ma quindi ancora lavori?”

“Si. Beh, si. Lo faccio per i soldi. Mica per altro.”

“Beh, certo. Ci mancherebbe che lavorassi gratis.”

“Ci mancherebbe.”

“Non vuoi sederti, vero?”

“No…”

“Non vuoi ordinare da mangiare e sederti, vero?”

“No…”

“Vuoi un gelato, qualcosa di fresco, no?”

“Si…”

“E camminare fino a che non si trova un gelato o qualcosa di fresco, no?”

“Si…”

“E se non si trova, un tramezzino è l’ideale, no?”

“Si… beh, si.”

“L’ideale.”

“Si.”

 

“…”

“Come va? Novità?”

“Tipo?”

“Tipo novità.”

“Lavoro con un pazzo”

“Cioè?”

“Rischio la vita. Tutti i giorni. Tu non lo sai. Nessuno lo sa. Ma io rischio la vita.”

“E perché?”

“Lavoro con un pazzo. Te l’ho detto.”

“Si, beh si. Ma che fa sto’ pazzo?”

“E’ pazzo. Urla. Bestemmia. Così. Quando meno te lo aspetti.”

“Forse lui se lo aspetta.”

“Di che?”

“Di urlare. Di bestemmiare.”

“Ma non ha senso!”

“… lui o te che non te lo aspetti?”

“…”

“… e rischi la vita con le bestemmie?”

“No. Con i suoi scatti di ira che portano alle bestemmie. E poi giù a urlare. E’ pazzo e basta. E’ così. Te l’ho detto… no?”

“Si.”

 

“Guarda, lì c’è un gelato…”

“Dove?”

“Lì, proprio davanti a noi.”

“Non lo vedo.”

“Io lo sto guardando adesso, invece.”

“Scherzi.”

“No. E’ lì…”

“…”

“Lo hai visto?”

“No.”

“E adesso?”

“ah, si. Si lo vedo”

“Bene.”

“Bene.”

“…”

“Allora andiamo lì?”

“Si.”

“…”

“Offro io, oggi.”

“Mi aspettavo che mi offrissi un pranzo più serio.”

“…”

“…”

“Ti offrirò anche un pranzo più serio”

“ah.ah…”

“Che cono vuoi?”

“Prendo una coppetta. Da due.”

“Bene. Un cono e una coppetta da due. Grazie”

“C’è il limone?”

“Forse è laggiù….”

“No. Quello è yogurt…”

“Già…”

“Mosto. Cosa è Mosto?”

“Sarà un gusto loro…”

“… ah, eccolo lì il limone!”

“Si… eccolo…”

“C’è anche un limone vero nella vaschetta…”

“Si… beh, si.”

“Per me limone… melone e… ananas. Niente panna. Grazie.”

“Per me cioccolato fondente, crema al limone con frutti di bosco e… melone. Panna si, grazie”

“…”

“Mi può dare anche un cucchiaino? Grazie.”

“Vuoi qualcosa dei miei gusti?”

“No. E tu? Dei miei?”

“No.”

“…”

“Cerchiamo il parco? Quello dell’altra volta?”

“Si. Buona idea.”

“Bene”

“Già.”

“…”

“…”

 

“…”

“…”

“Quando vai in ferie?”

“Il 29 luglio”

“Fino?”

“Tutto agosto. E tu?”

“il 31. Fino al 17.”

“Parti? Hai deciso?”

“Treviso. Mi ospitano. E tu? Hai deciso?”

“No. Non mi va più neppure di partire.”

“… . Ah, forse ci siamo. E’ quella la villa. La vedi?”

“Si…”

“Da dove si entrerà?”

“Forse per di là…”

“… si, forse si.”

“…”

 

“Stai studiando?”

“Cosa?”

“Il monologo.”

“No.”

“Lo reciterai?”

“Ieri pensavo di si. Oggi credo di no. No, non lo reciterò.”

“Perché no?”

“Non mi va di parlare da sola.”

“Ma non parli da sola. Avrai il tuo pubblico…”

“beh… Quale pubblico!?”

“Beh… ci sarò io. Io ti ascolterò.”

“Ma non mi va di recitare da sola.”

“…”

“…”

 

“…”

“Non credo che riusciremo mai a trovare l’ingresso di questo parco.”

“Forse no.”

“Già…”

“Già.”

“Cosa facciamo adesso?”

“Potremmo prendere un caffè per esempio… ho ancora quindici minuti… Ti va un caffè?”

“No… . No, ma ti accompagno.”

“Non prendi più neanche il caffè ora?”

“Sono giornate così…”

“…”

“Andiamo lì? È il bar dove andiamo sempre?”

“Ci siamo andati solo una volta. La prima volta che sei venuta a pranzo da me.”

“E pioveva.”

“Pioveva.”

“…”

“…”

 

“Sicura che non vuoi un caffè?”

“Si.”

“Non vuoi nulla? Un cioccolatino Griffo?”

“No. Grazie. Fa troppo caldo. Grazie”

“Sicura?”

“Grazie.”

“… . Mi fa un caffè? E un bicchiere d’acqua, per favore.”

“Due bicchieri…”

“E due bicchieri d’acqua, grazie.”

“…”

“E ora che farai?”

“Ora dopo il nostro pranzo?”

“Si.”

“Non lo so. Dovrei scrivere.”

“Di cosa?”

“Di quel progetto…”

“Ancora?”

“Si… beh, si.”

“… grazie.”

“Grazie. Arrivederci.”

“Arrivederci… e quindi? Dove andrai a scrivere?”

“Non lo so.”

“E’ divertente parlare con te.”

“… sono diventata apatica. Te l’avevo detto?”

“Si. Credo di si.”

“…”

“…”

“Tu vorrai sederti, ora. Vero?”

“Si… beh, si.”

“Sediamoci.”

“Si.”

“…”

“…”

 

“Vieni qui…”

“     ”

“Dai, su…”

“Si…”

“Si.”

 

“…”

“…”

“Mi casca la faccia.”

“Ti casca… la faccia?”

“Si. Vedi?”

“… . Sei stata bene al mare?”

“Molto.”

“Bene.”

“Già…. . Sono triste?”

“Lo vedo.”

“No, dico… sono triste? Era una domanda.”

“Ah! Si. E lo vedo.”

“Come si fa a non essere tristi?”

“Stai parlando con l’uomo sbagliato.”

“Lo so.”

“Stai parlando con un uomo morto.”

“Lo so.”

“Siamo due uomini morti.”

“Io sono una donna…!”

 

“… . Hai deciso dove andrai?”

“Dopo il nostro pranzo?”

“Si.”

“Penso che me ne ritornerò in Villa. Vicino… da me.”

“Bene.”

“Si.”

“Io devo rientrare…”

“Resto qui.”

“Mi accompagni?”

“Avevo pensato di guardarti andar via.”

“Ok, dai. Rimani qui. Sono io che devo rientrare al lavoro…”

“Anche se non mi va di vederti che ti allontani e poi non vederti più.”

“Infatti. Non mi vedrai…”

“Non mi va.”

“No.”

“No.”

“Allora andiamo…”

“Si.”

“Che farò stasera?”

“… quando vieni a trovarmi?”

“Disegnerò.”

“Vieni da me…?”

“Al lago?”

“Si.”

“…”

“…”

“…”

“Sprechi troppa benzina…”

“Non è per la benzina…”

“…”

“Facciamo giovedì”

“…”

“o venerdì. Giovedì o venerdì…”

“Va bene.”

“Bene.”

“…”

“…”

“Buon lavoro.”

“Vieni qui…”

“       ”

“Hai sempre tutte queste borse vicino a te… non è mai facile abbracciarti…”

“No.”

“…”

“…”

“Buona giornata.”

“Grazie, buon lavoro. Ci vediamo giovedì.”

“Si. Ci sentiamo.”

“Si.”

“Ciao.”

“Ciao…”