In tuo nome
Non fanno che ripetermi che ho una vita breve. Così corta che se nasco d’estate, e di giorno, non sono sicura di fare in tempo a vedere che diventi sera. Così come se nasco alle diciassette di pomeriggio ed è sfortunatamente dicembre, magari è anche il giorno di Santa Lucia, beh in quel caso il sole non lo vedo di certo. Ma io non ci ho mai creduto. Credo invece di essere morta e rinata, e poi di nuovo morta e di nuovo rinata, sempre con una memoria di ferro. Infatti sono sicura di aver visto il sole, la luna, le lucciole. Ho visto i campi verdi arati dal gregge, ho visto il gregge sulle colline. E poi ho visto te, cara Ausonia. E di te mi ricordo sempre, credo che nelle mie tante singole vite ti abbia sempre vista. E volando devo essermi posata sul tuo corpo multiforme così lungo e caldo, così appagante e pieno, per così tanto tempo che devo essermici addormentata, tutte le volte. È lì che mi hanno scattato una foto, ne sono quasi certa, è per questo che mi sento immortale. Mi faccio chiamare con il tuo nome e porto il tuo succo a quel gregge che incontro in alcune delle mie tante vite. Vedessi come lo bevono, gli piace moltissimo. Secondo me presto anche loro si chiameranno come te. O forse, in una delle tue tante vite, ti piacerà chiamarti come loro.
artwork di Mario Di Paolo
cantina: Azienda Agricola Ausonia, Atri (TE)
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una conversazione con Simone Binelli
Perché Ausonia? Ho scoperto che si tratta di una tipologia di farfalla che vive nel vostro territorio
Esattamente. Mio padre è un collezionista di farfalle e l’ha riconosciuta più volte volare in azienda, siamo nella zona dei calanchi ad Atri, in provincia di Teramo, da qui il nostro nome. La specie delle Euchloe Ausonia vive solo in queste terre; chiamare l’azienda con il nome della farfalla e adottare poi la forma dell’insetto per realizzare le etichette, lega l’immagine del vino al territorio, dà un’idea di naturalità.
La silhouette della farfalla caratterizza effettivamente tutte le vostre bottiglie, ma cambia colore seguendo i riflessi del vino
Non solo, cambia proprio la specie di farfalla rappresentata. Abbiamo quattro linee di vini legate alle etichette, ogni linea corrisponde a una tipologia di farfalla che regala il suo nome al vino. L’etichetta Apollo è la nostra linea classica, vola verso le montagne. Con lei produciamo il Trebbiano, il Montepulciano e il Cerasuolo, che è un vino rosato.
Tutti uvaggi al 100%, giusto?
Sì, nessun blend. Poi c’è la linea Nostradamus che è una riserva di Montepulciano, con affinamento di 12 mesi in botti grandi e barriques e 6 mesi in bottiglia. Poi c’è la linea Machaon…
Il vostro Pecorino. È l’unica etichetta in cui si contraddistinguono le caratteristiche del Macaone, un’altra specie di farfalla, le sue venature interne e i suoi colori. Perché questa scelta?
Qui è entrata in gioco la creatività di Mario di Paolo per spaziosipaolo.it, ci siamo rivolti a lui per tutte le grafiche. Ci ha aiutato a realizzare quello che volevamo in modo elegante e minimale ed è con lui che abbiamo deciso di affidare la forma originale della farfalla Machaon e tutti i suoi dettagli solo al Pecorino. Volevamo che si distinguesse dalle altre linee per valorizzare il nome del vitigno: il Pecorino è stato riscoperto solo da poco. Si tratta di un’uva molto particolare, ha una elevata acidità e trae in inganno, perché quando l’assaggi l’acidità maschera il grado zuccherino che invece è molto elevato. Il primo anno, assaggiandola e aspettando che maturasse, ci sembrava quasi sempre acerba, tanto che alla fine abbiamo avuto un vino con una gradazione troppo alta!
E la specie Nostradamus, per il Montepulciano?
Il nome scientifico della farfalla è Gegenes nostradamus. L’etichetta ha un colore dorato per dare importanza al vino: è la riserva dell’azienda. Trovare nomi di farfalle appetibili anche dal punto di vista commerciale, che siano farfalle belle con sagome specifiche e che possano allo stesso tempo avere un legame con il nostro territorio, non è stato facile. Ma è stato ed è molto stimolante.
Mi parli di come producete il vostro vino?
Noi seguiamo la biodinamica, è un’agricoltura che riduce al minimo l’impatto contro le malattia della vite e mette al centro la qualità del terreno, con l’obiettivo di rivitalizzarlo. Mettere la pianta vite nelle condizioni migliori per vivere è quello che caratterizza questa filosofia di coltura, pratica che sposiamo in pieno. Se il terreno sta bene avrà una minore tendenza ad ammalarsi e darà un prodotto migliore che quindi non avrà bisogno di interventi in cantina. Valorizzare l’uva nel contesto del proprio territorio e trasformarla in vino.
Cosa viene richiesto per adottare la biodinamica?
La conoscenza della terra, possibile solo grazie a una figura che sembra scomparsa: l’agricoltore.
E quanto è sostenibile?
Con la biodinamica si spendono più soldi in manodopera, certo. Ma se ne spendono meno per i trattamenti. Si tratta di un tipo di enologia che non viene insegnata nelle università purtroppo. Il discorso delle fermentazioni spontanee ad esempio, nessuno te lo insegna. L’apprendimento è basato sull’esperienza che fai in vigna e fuori dalla vigna, basato sulle annate, sempre diverse. Quello in cui crediamo è l’aspetto artigianale del fare vino, che non sempre è diffuso, anzi.
Ma non si diventa biodinamici da un giorno all’altro
Abbiamo iniziato nel 2013 con il biologico, poi dal 2014 siamo passati al biodinamico. Siamo un’azienda giovane che dalla pianura padana si è trasferita in Abruzzo, dove siamo usciti con la prima vinificazione nel 2011. Abbiamo fatto questa scelta perché credo che il vino di questo territorio abbia una maggiore complessità da raccontare e il biodinamico ci permette di farlo. Si tratta sostanzialmente di sposare un percorso diverso rispetto a quello su cui si dirige l’agricoltura oggi, che vede il terreno come un substrato inerte da coltivare, quando invece merita di essere valorizzato. Quello che facciamo noi, così come altri produttori, è quasi un percorso all’indietro: torniamo negli anni ’50 e ’60, quando non era così diffuso l’utilizzo della chimica sulla vite.
Se dovessi pensare ad un oggetto per descrivere uno dei tuoi vini, per descrivere il Pecorino ad esempio. A quale oggetto lo assoceresti?
Alle forbici, sì. Un paio di forbici decisamente!