c’era una volta un uomo blu


C’era una volta un uomo blu con la camicia verde e gli occhi neri.
Camminava calpestando le rose e si cibava di arcobaleno altrui. Era un uomo instabile e basava tutta la sua esistenza sulla stabilità degli altri.
Poi un giorno conobbe una donna arancione mentre cercava di addentarla nella parte finale dell’arcobaleno. Lei era l’unica tra tutti i colori e tra tutti gli arancioni prima di lei, a rimanersene fiera aspettando il pasto: infatti quando arrivò il suo turno, non permise nulla all’uomo blu e sgattaiolò all’infuori. Lui si stupì di quel gesto, non c’era di certo abituato: nessuno gliel’aveva fatta così, sotto il naso prima del boccone. Allora incredulo sbraitò alla donna arancione di infilarsi nella sua bocca, che lui doveva mangiarle le cosce arancioni, i piedi arancioni, l’addome arancione, il petto arancione, le braccia arancioni, la pancia arancione, il viso arancione e i capelli arancioni. Lei di tutta risposta gli disse che non doveva mangiarla perché era la paladina degli arcobaleni e che se il blu non avesse smesso di cibarsi di tutti i colori, sarebbe presto arrivato il giorno in cui si sarebbe confuso talmente tanto da non riuscire neppure più a capire il suo, di colore. L’uomo blu non credeva a un sol passaggio della storia della donna arancione: di colori ne aveva da sempre mangiati a iosa e dopo essersi guardato per bene da cima a fondo, aveva constatato quanto non fosse cambiato nulla nel suo essere blu neppure in quel momento. La zittì quindi velocissimamente e la ingoiò.
Il giorno dopo conobbe una ragazza bianca mentre cercava di calpestarla in tutto il suo essere rosa. Era l’unica rosa bianca in mezzo a tutte le altre rose rosse che lui aveva sempre calpestato e l’unica a restarsene fiera aspettando il suo passo: non appena si avvicinò con i piedi su di lei, questa tirò fuori le spine e lo punse.
Ahi! gridò l’uomo blu e cercò di capire dalla ragazza rosa cosa volesse e come mai si fosse ribellata alla sua calpestatura. Lei gli raccontò che era la paladina delle rose e che lo stava aspettando per portargli un messaggio di pace da parte di tutti i petali che aveva sgualcito. Gli disse che se avesse continuato a schiacciarli, si sarebbe ritrovato un giorno senza cuore, perché la funzione dei petali era sempre stata quella di avvolgere il cuore degli esseri viventi e di infondergli purezza quando ce ne fosse stato bisogno. L’uomo blu non credeva a un sol passaggio della storia della ragazza rosa e stufo di due giornate passate a parlare con il genere femminile, schiacciò subito anche lei e stette.
Molte pagine dopo, l’uomo blu si ritrovò scolorito senza capire bene come ci fosse diventato. Era molto triste di quel suo blu che sembrava ormai sfocato e incerto e talmente si sentiva spesso di malumore, che gli capitava di non avere neppure più i desideri di una volta: calpestare rose e cibarsi di arcobaleni.
Giunto all’epilogo di questa storia, il re degli uomini blu ordinò presto ai cospargitori di acqua raggia di insediarsi, ad insaputa dell’uomo, nelle estremità delle sue vesti per piano piano prosciugare tutta la sua tinta blu, e dagli abiti e dall’anima.
Quando quelli si accertarono di aver fatto un buon lavoro sugli indumenti, si accorsero rapidamente che dall’anima c’era ben poco da smacchiare: l’uomo blu senza volerlo, aveva da solo provveduto a scolorirsi: a forza di credere male agli altri, stava perdendo chiarezza per sé.