dove alla spalle c’è sempre una chiesa


– …

– (la guardo. sembra interessante. mi sta guardando anche lei?)

– …

– (forse prima. forse devo essere più attento. ora sono più attento. sì. direi che ora la guardo. così. la guardo così:)

– …

– (…)

– (incredibile, quattro genitali di cinesi in faccia. ma dico, si può? proprio in faccia. no perché, ho capito che dietro di me c’è un complesso – complesso – di chiese, lo so che questa è in assoluto una delle piazze più bella e lo so che questo è il punto in cui si riesce a vedere meglio dove qualcuna si incastra con l’altra, immaginando i chiostri che si aprono e il verde che non lo sai che c’è, quel verde lì nei chiostri. però dico, cristo, io mi sono seduta qui perché voglio vedere la piazza, non i vostri genitali!)

– (ecco, ha aperto gli occhi. è bella, sì. non solo interessante. bella proprio. però quei cinesi, così in mezzo. come faccio? che faccio? no, non mi sta guardando. ora mi sposto. mi sposto? mi spos…to, ecco, fatto.)

– (glielo dico? : sorry, can you move a little bit far from my nose? you know… my… nose, my face… do you understand me? no, non glielo dico. cristo però, ma come si fa?)

– (ora da qui la vedo meglio. i miei occhi dritti nel suo profilo di occhi. tanto prima o poi si girerà da questa parte. come ha fatto prima, o almeno mi è sembrato. certo quei cinesi dovrebbero spostarsi…)

– (hmmmmm… non mi guardano neppure! ma non ve ne accorgete che per poco non mi venite addosso? quanto durerà?)

– …

– (glielo dico, ora glielo dico. cioè gli potrei toccare il pacco a quello lì. ecco, perfetto, lei mi ha sorriso: che tenera! ciao, ti sposti?)

– …

– (però non ho il coraggio. se ne andranno prima o poi. io non mi muovo.)

– (okei, non posso stare così a fissarla. potrei risultarle inquietante. mi avrà notato? certamente l’avrà fatto. ora mi distraggo, mi giro un po’, leggo. anzi no, scrivo. sì, scrivo direi. alla fine avevo portato il mio notebook. eccolo. ho anche la penna, sì nella borsa, sì. credo. dov’è?… nella bo…rsa… era nella… bors…)

– (era ora!)

– (che scrivo?)

– (oh. finalmente. mi rilasso, musica a me.)

– (e anche i cinesi, andati! okei… che faccio?)

– …

– …

– …

– (si sta girando, eccola!) Ciao…!

– (oddio.)

– C…ciao! Posso… sedermi lì?

– (no!) come…?

– ti ho vista appena sono arrivato… ascoltavi della musica?

– guarda, oggi non è aria.

– ti disturbo?

– sì. cioè, niente di personale, neppure ti conosco, però sì ecco. nel senso…

– sembri molto stanca… vieni dal lavoro?

– scusa?

– vieni dal lavoro?

– sì. ma, come dire… che ti frega?

– ahahaha! era per parlare… sai, io vengo qui spesso ma è la prima volta che ti vedo.

– ah.

– anche io sono stanco. sono stato tutto il giorno in giro…

– capisco…

– che musica stavi ascoltando?

– guarda, sinceramente, non ce l’ho con te, ma non ho nessuna voglia di parlare, con nessuno in particolare, dico davvero.

– oh, mi dispiace. e non volevo disturbarti, vorrei anzi farti rilassare…

– appunto. sto bene, grazie.

– questa mattina sono stato ad Imola, poi sono arrivato a Faenza, infine sono tornato verso Castel San Pietro, con questo caldo non puoi immaginare la fatica… fortuna che non siamo ancora in piena estate. Poi spero di prendere le ferie…

– guarda, sei molto caro, ma mi piacerebbe ascoltare la musica.

– ti disturbo quindi?

– esatto. senza offesa, eh.

– no, figurati. è che ti ho vista così triste… infastidita anche. è stata forse colpa dei cinesi? che lavoro hai detto che facevi?

– i cinesi sono stati indisponenti e non ti ho parlato di alcun lavoro che faccio. ciao, buona continuazione.

– ahahah sì è vero! è stato buffo vederli così in piedi, vicinissimi a te lì seduta… avrebbero potuto farsi più in là…

– già.

– poi a quest’ora siamo tutti stressati. anche i cinesi in vacanza! io vengo sempre qui, a quest’ora. mi piacciono moltissimo questi ciottoli, mi piace che non c’è mai troppa gente. sai, mi metto a scrivere, leggo un po’… poi se ci sono ragazze carine è bello parlarci anche.

– grazie. ascolto la mia musica allora.

– perché con il fatto che sono tutti sempre attaccati a questi telefonini… io il mio non lo volevo neppure. poi me lo hanno regalato, perché in realtà per il lavoro mi è utile. ma non ho tutte quelle chat, quelle cose lì di wathsapp… tu ce l’hai?

– si ce l’ho ma lo uso davvero pochissimo, tipo adesso è uno di quei momenti dove non lo uso perché sono venuta qui per stare un po’ per conto mio, capisci? nel senso, ora ascolto un po’ di musica, poi mi metto a leggere, anche io come te. solo che sto per conto mio e intendo restarci. niente di personale, giuro.

– è che è così difficile parlare con qualcuno… e poi volevo dirti che non c’è bisogno di essere così tristi…

– ascolta, sto da dio, sto da paura, te lo giuro, voglio solo ascoltare la mia musica. ci riusciamo?

– che ci ascoltiamo?

– no, guarda, hai capito malissimo. colpa mia, si, scusa, mi sono espressa come non si capisce. ti dispiace se mi metto le cuffie? sai: vorrei stare un po’ da sola.

– ah…

– eh. grazie, scusa eh.

– no, figurati, che scusa… oggi ho lavorato molto…

– si, guarda, anche io.

– infatti, infatti! okei, dai, non ti annoio più

– grazie, sai…

– no, non ti annoio più. solo sto qui. posso stare qui?

– qui, nel senso lì? dove sei, lì?

– si, qui… vicino a te…

– guarda, fai come ti pare, io mi metto le cuffie…

– si perché almeno ti guardo… da vicino ecco.

– oddio…

– cosa? ti spavento?

– un po’ si, tu che ne pensi?

– ahahahahaha! mi fai ridere, sai?

– menomale. ciao, allora mi metto le cuffie.

– okei, si.

– (omiodiocristissimo)

– (bella però. proprio bella.)

– (me ne vado. si direi che me ne vado. uno, due, al tre me ne vado. tre.)

– che fai, ti alzi?

– ciao, sono stanca.

– vai via?

– guarda, mi dispiace, più che altro perché è bella questa piazza, ma sono davvero stanca…

– capisco. è colpa mia?

– nooo. figurati!

– davvero? me ne sarei dispiaciuto.

– eh, no, infatti: non dispiacertene.

– allora peccato che vai via…

– si. ciao.

– posso chiederti il numero?

– no.

– la mail?

– no.

– il nome? come ti chiami? non ce lo siamo detti…

– guarda, no.

– allora ti lascio il mio numero.

– no, grazie, davvero.

– la mia email, ti scrivo la mia email, così quando vorrai… sono, mi chiamo Patrizio!

– non ti scriverò mai, non mi lasciare niente.

– come facciamo allora?

– non facciamo. davvero. ciao, buona serata.

– verrò qui tutte le sere.

– no, ti prego!

– che ore sono ora? le sette e mezza. verrò qui tutte le sere alla sette e mezza, adoro questa piazza.

– no, non venire: anche a me piace molto questa piazza.

– e allora è fatta!

– ciao buona serata.

– ciao, a presto! a… domani…

– (cioè: no e poi no e no e no e no. No!) non credo.

domani

– Ciao!

– (l’ha fatto davvero!)

– che piacere rivederti, non l’avrei giurato…

– io non l’ho fatto.

– dai, sono contento!

– buon per te. ciao.

– vai già via?

– certo!

– ah… pensavo fossi venuta per restare.

– infatti, anche io lo pensavo.

– ahahaha, hai già cambiato idea, vero?

– ma che bravo!

– eh, grazie, lo so… voi donne siete sempre così: cambiate idea ogni secondo. Siete imprevedibili… Ho sempre trovato questa cosa molto divertente!

– buon per te, anche se non capisco perché.

– ahahahah! mi fai proprio ridere sai? mi diverto.

– il divertimento dura sempre poco: ciao.

– si lo so purtroppo… anche oggi stanca dal lavoro?

– ciao.

– okei, sei stanca…

– mai quanto mi fai stancare ora.

– mi dispiace!

– anche me, infatti vado. ciao.

– a domani allora!

– ti prego: cambierò piazza.

– e in quale andrai?

– secondo te resto a dirtelo?

– mi dispiacerebbe se non lo facessi.

– e a me non dispiacerebbe che tu ti dispiacessi. ma poi con tutte le visuali di questa piazza proprio qui devi metterti?

– ascolta, a me piace questo posto e mi piaci anche tu, vorrei conoscerti, non so neppure come ti chiami. Ma è così difficile?

– …

– …

– i cinesi!

– tornano?

– si!

– ma vedrai che cambiano angolazione… guarda, si diriggono direttamente verso l’ingresso della chiesa.

– vorrei bene vedere!

– ci hanno preso gusto… come me. ehehehe…

– mi ricordavo infatti che non eri particolarmente simpatico.

– ahahahaha… tu invece si! come la mettiamo?

– ciao, vado a casa.

– okei.

– … okei?

– okei, ciao. vai a casa, no? ci vediamo domani.

– ah, si… cioè… no! Non ci vediamo domani. io verrò ma tu, per favore, vai in pizza S. Francesco domani.

– se ci vieni anche tu, si. anche se devo ammettere che non la preferisco a questa.

– oh, certo, sarò lì alle sette e mezza in punto!

– davvero?

– certo!

– affare fatto, allora? dai, sono contento!

– sette e mezza, S. Francesco, domani.

– ottimo!

– ciao.

– ciao!

domani

– oh no.

– ciao!

– perché?

– avevo il dubbio…

– e come mai?

– beh, sai, alla fine ho pensato che non avevi neppure il mio numero e che magari non ti andava più di andare in S. Francesco. che S. Stefano è così bella e che ti ricordava tantissimo quando ci siamo conosciuti la prima volta. perché infatti anche a me me lo ricordava. allora ho pensato che saresti venuta qui, per pensare più a noi, all’inizio un po’ per conto tuo, proprio come sei fatta tu. e poi ti avrei raggiunta, come in fondo speravi. quindi eccomi. stanca anche oggi?

– non posso crederci.

– di essere di nuovo stanca? dillo a me… ormai sono mesi che mi capita: più non ci credo e più son stanco!

– ascolta, domani cambiamo piazza per davvero? questa mi ha rotto.

– mmmmh… non ne sei convinta.

– si si, ormai ci veniamo troppo spesso qui. mi ha stufato.

– va bene, come preferisci.

– ottimo. allora facciamo che ci vediamo direttamente domani.

– vai già via? oggi devi proprio essere stanchissima!

– si: stanchissima. Quasi non mi reggo seduta.

– cavolo. questa volta mi dispiace più di tutte le altre volte. davvero.

– eh. si. ciao.

– ciao, a domani allora!

– cia’…

– riposati…!

domani

– (mi sembrava di aver capito fosse in Piazza S. Francesco…)